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Questa iniziativa nasce dal desiderio, ricordato da S.E. mons. Mario Delpini richiamando le parole del Presidente Sergio Mattarella, di far battere il cuore della democrazia nei luoghi della nostra vita e di prendersi cura delle sue ferite. È un’immagine potente, che parla alle nostre comunità e richiama ognuno alle proprie responsabilità civili e cristiane. Le ferite della democrazia, infatti, non riguardano solo l’ambito politico o sociale, ma soprattutto quello umano: povertà, emarginazione, solitudini, incomprensioni.
L’incontro ha evidenziato come queste sfide non possano essere affrontate individualmente o attraverso iniziative isolate. Serve un impegno condiviso, armonico, capace di mettere in dialogo energie e visioni diverse. Il Vescovo Delpini ha sottolineato la necessità di sviluppare, all’interno delle nostre comunità pastorali, degli oratori, dei movimenti e delle diverse realtà ecclesiali, luoghi di ascolto e di dialogo autentico, riconoscendo il ruolo essenziale degli Uffici diocesani per la pastorale sociale e il lavoro. Sono spazi in cui educare alla cittadinanza e alla responsabilità, aiutando a comprendere la complessità del nostro tempo senza cadere né nell’ingenuità né nel disincanto.
Tra i passaggi più significativi emersi durante la giornata c’è stato l’invito a superare la semplice idea di “rete”, intesa come somma di contatti o relazioni superficiali. La vera sfida è costruire legami autentici e profondi, una sorta di “amicizia sociale” capace di abbracciare ogni persona e ogni dimensione dell’umano. Solo in un clima di fiducia reciproca e di rispetto si può immaginare un bene comune che non resti astratto, ma prenda forma concreta e condivisa. La nostra società, spesso segnata da fragilità e divisioni, ha bisogno di questo “noi” inclusivo: un noi che sappia accogliere senza escludere, ascoltare senza giudicare, sostenere senza pregiudizi. La partecipazione, allora, non può ridursi a un gesto formale o a un’adesione passiva. È una pratica che domanda cura, attenzione, formazione. Da qui l’urgenza di rigenerare i luoghi della partecipazione — comunità cristiane, ambienti di lavoro, associazioni, scuole — affinché diventino vere “scuole di coscienza civica”, dove si affrontano le grandi questioni sociali e si coltiva un pensiero critico, capace di leggere la realtà con lucidità e responsabilità.
È emersa anche la consapevolezza che fede e cittadinanza non sono due percorsi separati. Esiste un’unica vita, un’unica realtà, che la fede illumina e orienta. E questo cammino lombardo ha riportato al centro temi fondamentali: il lavoro come dignità, i giovani come promessa di futuro, l’ambiente come casa comune, la giustizia come via per la pace, l’inclusione come stile, l’impresa come luogo di responsabilità. Non si tratta di concetti astratti, ma di volti concreti, di storie, di fratelli e sorelle. Questo approccio, che mette al centro le persone, permette di immaginare una democrazia vissuta, che prende forma nelle relazioni e nelle scelte quotidiane, dove fede e vita si intrecciano nella stessa responsabilità.
L’incontro del 15 novembre non è stato un punto d’arrivo, ma un nuovo inizio. La sfida che ci sta davanti è costruire comunità vive, capaci di dialogare, ascoltare, collaborare, senza temere le differenze ma riconoscendole come ricchezza. Per questo è essenziale dare vita a laboratori di pensiero e di azione, luoghi in cui i cristiani possano maturare una responsabilità condivisa e coltivare quella prossimità che fa crescere la democrazia non attraverso i proclami, ma nelle relazioni di ogni giorno.
Per chi desiderasse rivedere gli interventi e approfondire i contenuti dell’incontro:
20 Novembre 2025
